mostra “Abiti e fanciulle”, Locarno (CH), gennaio 2009
La storia di uno sguardo che si cerca
Figure, per di più figure femminili o, in loro assenza, per sineddoche, abiti che le implicano, le sottendono: questo il tema predominante della pittura di Elisa Begani.
Le figure non si vedono mai per intero e non sono mai poste come tradizione e buon occhio vorrebbero al centro della superficie dipinta, dello spazio che le dovrebbe contenere.
Impostare in questo modo la figura vuol dire impostare la problematica dell’oggetto-soggetto in rapporto allo spazio che lo contiene e accoglie, ed impostare tale problematica vuol dire interrogarsi sul rapporto, sulla relazionabilità che si viene a stabilire tra il soggetto e il suo ambiente: la reciproca correlazione, le reciproche identità.
Ma se la reciproca correlazione può voler dire armonia, ordine, misura e proporzione, armonioso rapporto tra soggetto e proprio ambiente, la sua mancanza può voler dire il contrario o comunque un rapporto non ancora pervenuto al suo punto di assestamento e di sintesi, ancora in fase di ricerca o di sistemazione reciproca.
E poi… in che luogo siamo? Una camera, uno studio, una cucina? Se pensiamo agli interni, ai salotti di tanta pittura naturalistici-borghese, impressionista – luoghi individualizzati, deputati alla intimità e alla sicurezza, ai valori della famiglia, rassicuranti ambiti di protezione di ciò che sta fuori, oltre le finestre socchiuse – … questo spazio, lui stesso, non ha una specifica identità, vive sospeso in un’area indefinita e di non facile identificazione, senza particolari segni di identificazione se non funzionali: un bagno, una specie di corridoio, delle mattonelle ed un muro, un gradino; uno spazio anonimo, senza precise misure, di cui cogliamo solo una porzione vista dall’alto o dal basso, di fronte… ma mai l’insieme; talvolta con scorci prospettici anche forzati, prospettive distorcenti, tagli prospettici non piani.
Lo spazio fisico messo in scena diventa così proiezione e specchio di uno spazio interiore-psicologico, di un paesaggio interiore, di un modo di sentirsi e cogliersi dentro di chi dipingendo si specchia in quel che vede e cerca un proprio allineamento: in altre parole si cerca per rapporto al suo spazio di vita.
Siccome al momento questo equilibrio non è ancora ottenuto, è precario e scentrato, e quindi non ancora assestato, è evidente che racchiude in sé la potenzialità di un esito ambivalente: il quadro vive una temporalità sospesa, un tempo futuro incerto, una dimensione di durata e di temporalità fluidificante, come di evento che possa da un momento all’altro modificarsi sotto i nostri occhi, aperto a possibili e contrapposti esiti.
Cosa deduciamo da tutto questo?
Che il tema di fondo di questa pittura (o pittrice) è la ricerca di senso, una ricerca di sé per rapporto al proprio spazio di vita. Cui si accompagna la percezione della precarietà nella ricerca e identificazione di se stessi, la sua evanescenza e inafferrabilità. Ne sono un indizio quegli abiti galleggianti nello spazio in cerca di abitabilità, che vivono nell’attesa di un corpo che li indossi, di un dentro che dia loro funzione e pienezza di senso.
Ne è specchio a livello formale il modo stesso in cui la Begani dipinge, il disegno mai definito, il colore diluito, slavato, mai fermo, preciso, ma gocciolante e fluidificante, slabbrato, sporco (ma luminosissimo), tirato con lo straccio.
E tale condizione non vive solo nel tempo reale dell’immagine, ma si alimenta anche del tempo come durata della coscienza o della memoria, dell’attesa: che è la condizione del vivere, del sentirsi in cammino. Non per niente la pittrice scrive questo pensiero dentro un suo quadro:
“Ma se sapessimo già dove arriveremo, ci metteremmo in cammino?”
Entra la dimensione del tempo e della propria identità cronologica, fisica, civile, sociale, oggettivo da una parte, e l’identità come processo soggettivo interiore di accertamento e identificazione di sé: molto più complesso e anche più problematico.
Quello che si svolge mentre la pittrice dipinge, in definitiva è un processo di specchiamento e di agnizione. Il dipingere come un cercarsi, non come un fare , un copiare, un far vedere che si è capaci, ma come dimensione filtrata e pensante di uno spirito che, nell’atto stesso del fare, vive, si specchia, si proietta nel tempo, cerca l’accordo con qualcosa o qualcuno. Tant’è che quella stessa mano la quale asseconda l’occhio che osserva e fissa le forme, quella stessa mano fissa anche i pensieri che passano per la mente o per il cuore.
Che è dimensione diaristica, tipica del diario: il che ci conferma di essere di fronte ad una pittura molto personale, come modo stesso di dipingere oltre che come tema, soggetto: il dipingere non come un fare, ma come un cercarsi dentro.
Claudio Guarda
The story of a glance looking for itself
Female figures or clothes which imply them: these are the main Elisa Begani’s painting themes.
The figures are never seen in full and they are never at the centre of the painting surface as the tradition wants. This particular position in the picture involves some questions about the relationship between the subject-object of the painting and the place which holds them in a mutual relation.
If the mutual relation means harmony, order, measure and proportion between subject and place; the lack of it could mean the opposite or a continuous search for the mutual arrangement.
Which place is it? A room , a study, a kitchen? The living rooms and the individualized inner places depicted by most of impressionist or bourgeois painters as a protection agaist the outside are not here… this place is a non place without a precise identity: a bathroom, a sort of corridor, a wall, some tiles, a step ; an anonimuos background seen from a distorted perspective where the measure are unprecise and the whole is never clear.
The depicted background becomes a mirror and a projection of an inner psychological space, landscape, mood in relation to life.
As the balance is still precarious and not well arranged it is clear it holds the possibility of an ambivalent result: the picture is suspended in time and place so that all could modify suddenly.
What does it mean?
The painting/painter’s main theme is the search for the sense of her own life-space together with the perception of the precariousness of this elusive search: a clue could be represented by the floating clothes waiting to be worn by a human body as to have a real sense.
This finds its formal expression in Begani’s painting: indefinite drawing, diluted washed out and dripping colour. The images don’t live in a real time but in memory , awareness, wait that becomes the condition of life: always being on the way… as the painter wrote on a picture: “but if we already knew where we are getting, would we start walking?”
What happens while the artist is painting is a renewal process looking for a filtered dimention, an accordance with something or somebody without copying or showing off. The hand depicts what the eyes see and what the mind or the heart thinks and feels at the same time.
The result is a sort of diary, expression of a very personal painting that is not making but looking inwardly.
Claudio Guarda